Laura Calderini

Laura Calderini

(tratto da https://lauracalderini.it/)

Laura Calderini nasce il 22.11 – baciata, sembrerebbe, dalla fortuna, secondo rudimentali nozioni di numerologia semplicemente sbirciate e mai volutamente approfondite, per le quali l’11 sarebbe il primo numero maestro che indica il genio e il 22, dato dalla somma 11+11, sarebbe come dire doppio genio, e giunta a questa fase della vita lei, dati alla mano, non può che scuotere desolata la testa – del 1960. Quest’ultimo dato rileva solo ai fini anagrafici, solendo dichiarare che, avendo potuto scegliere, avrebbe posticipato di molto l’evento.

Figlia di Maria, diciassettina, fu Dario e Candida e di Agostino trentaduino, fu Ida e Corrado, ambedue di origini umbre modestissime che appena sposati si trasferiscono a Roma, dove appunto lei nasce e dove avrebbe volentieri continuato a vivere, per poi fare dietrofront e risalire, quattro anni dopo, in quel di Orvieto e più precisamente in zona suburbana, meglio sarebbe a dire campagna e a densità demografica piuttosto scarsa.

Laura cresce, quindi, in un ambiente agreste, circondata da pochi bambini e molti adulti e anziani che le insegnano i principali valori della vita, la quale vita, per anni, non andrà oltre quei ristretti confini, se si eccettuano i soggiorni nelle colonie estive offerti ai figli dei dipendenti della Soc. Autostrade, dove suo padre lavorava.

Si forma, quindi, una personalità ingenua e pulita, tutta casa e chiesa, molto apprezzata dalle persone che la conoscono e per la qual cosa, in qualche modo, all’epoca ancora anima semplice, è compiaciuta.

Frequenta il Liceo Classico, sulla Rupe, e la visione del mondo subisce un primo, sia pur minimo, allargamento, determinando l’insorgere dei primi sintomi di insofferenza.

Indi, va all’università a Perugia (Giurisprudenza), riuscendo miracolosamente a ottenere di soggiornare in loco per un paio d’anni, ma, neanche a dirlo, stordita dall’odore della pseudo -libertà apparentemente conquistatanon riesce a raccapezzarsi con gli esami e comprende irrimediabilmente che la materia non le è confacente.

Gioco forza, è costretta a retrocedere allo stadio precedente, con rinnovato, perverso, cosciente abbrutimento dell’essere dovuto all’imposizione di proseguire nello studio – quello e non altri – e per di più in angosciosa solitaria. Terminerà l’università in sei terribili anni, tutto sommato nemmeno tanto male, sarà sempre la sua unica consolazione.

Dopo l’università entra in uno studio legale come …. non pensateci nemmeno! come semplicissima segretaria – proprio per togliersi dai piedi – professione essa stessa che, per ritorsione forse, non le si toglierà mai più dai piedi.

In campo sentimentale sarebbe opportuno stendere un velo sulla prima fase della sua vita –intendendosi per tale la ragguardevole età di trentadue anni – quando, e qui si vuol concedere ai numeri 11 e 22 un qualche influsso seppur tardivo –compare sulla scena l’attuale marito Angelo, di nome e di fatto, che se la sposa e la scozzona fino a renderla persona gradevole e moderatamente emancipata (a tal proposito leggasi, dell’autrice stessa, “Il girasole e la farfalla” ed. Thyrus).

Ormai da diversi anni si interessa di narrativa e tenta di spacciarsi per orvietana scrivente perché la cosa la diverte molto – conturbata dal pathos derivante dalla possibilità di giostrarsi tra realtà reale e realtà virtuale – e rafforza, in qualche modo, la sua autostima.