La Fondazione Luca e Katia Tomassini rende omaggio a Achille Perilli, uno dei padri dell’astrazione in Italia che ha contribuito a segnare profondamente l’arte del Novecento, attraverso una mostra che è stata allestita presso il Vetrya Corporate Campus di Orvieto.
L’importante progetto espositivo dedicato a uno dei grandi protagonisti dell’astrazione in Italia, curato da Davide Sarchioni con la collaborazione di Nadja Perilli, si è articolato in due sedi distinte con doppia inaugurazione: giovedì 14 novembre alle 18.30 a Palazzo Petrangeli di Bagnoregio (VT) e venerdì 15 alle 18.30 al Vetrya Corporate Campus di Orvieto (TR).
Achille Perilli (Roma, 1927) è un maestro riconosciuto che ha contribuito a segnare profondamente le vicende dell’arte italiana e internazionale del Novecento a partire dal secondo dopoguerra quando, con le significative esperienze nell’ambito del gruppo “Forma” fondato nel 1947, sancisce la prima fase importante di una straordinaria avventura creativa condotta per oltre settant’anni con grande rigore, coerenza e lucidità intellettuale, sia sul piano artistico che su quello teorico, rispondendo con inusitata libertà e destabilizzante capacità inventiva alle problematiche poste dalla cultura visiva contemporanea di ogni epoca che ha attraversato e che tutt’oggi risulta di sorprendente attualità e vitalità estetica.
Uno degli aspetti fondanti della sua ricerca è l’interesse sulle questioni della “forma” in relazione allo “spazio”, affrontate in senso evolutivo attraverso i linguaggi dell’astrazione pittorica in ogni possibile declinazione e sperimentazione, studiando, assimilando e reinterpretando di volta in volta le istanze delle avanguardie non figurative (da Kandinskij a Mondrian, da Klee a Malevič) insieme a quelle a lui più vicine e innovative, in Italia e in Europa, come nel resto del mondo.
Mosso da una peculiare capacità di guardare oltre, Perilli ha spinto la sua creatività in direzioni sempre più poliedriche, spesso anticipando i tempi, inseguendo costantemente l’idea di associare con soluzioni sempre nuove e cariche di sensibilità poetica la razionalità con l’inconscio, la libera forma lirica con lo spazio rigido e geometrico, individuando proprio nella geometria l’ambito nel quale si manifesta l’emblematico incontro scontro tra due mondi contrapposti. La sua metodologia di lavoro riguarda la continua messa in discussione e l’analisi critica dello spazio razionale astratto e geometrico, con le sue implicazioni politiche, sociologiche e culturali, quale specifica rappresentazione del mondo proponendone l’incessante riformulazione, spingendosi oltre ogni regola e ordine costituito per indagare la percezione della realtà e codificarne il senso più vero e profondo.
Dopo i lavori degli anni Cinquanta, dopo i cosiddetti “fumetti” dei Sessanta, caratterizzati da un segno pittorico libero e quasi calligrafico, ma articolato in rigide inquadrature come sequenze di una narrazione, Perilli approda alla definitiva svolta dell’”Irrazionale geometrico” dettata dalla necessità di sviluppare la ricerca di uno “Spazio Immaginario”, apparentemente illogico e irrazionale, descritto attraverso l’inesauribile formulazione di germinazioni geometriche in cui solidi e figure inverosimili sono articolati seguendo visioni e prospettive multiple, infinite combinazioni e possibilità di proliferazione per offrire punti di vista ambigui e contradditori tra forme aperte e chiuse, linee e volumi che travalicano i limiti della prospettiva tradizionale e compongono labirintiche strutture cromatiche in un gioco infinito di rimandi da quadro in quadro e di concatenazioni tra una forma e l’altra, tra dentro e fuori. L’artista ritorna alla geometria per trasgredirne le regole dall’interno e sovvertirne il senso distruggendo i suoi fondamenti e le sue certezze, costruendo tra la forma e il colore una dimensione di assoluta e “folle” libertà immaginativa.
Dai primi anni Settanta a oggi, Perilli ha continuato imperterrito a sviluppare tale direzione di ricerca in un “continuum” di approdi sempre nuovi ed esaltanti, come nella selezione di lavori recenti degli anni 2000 che costituiscono il fulcro di questa mostra presentata in due atti, tra Bagnoregio e Orvieto, concepiti come complementari, l’uno come continuazione dell’altro.
A Bagnoregio, nelle sale di Palazzo Petrangeli, si snoda un percorso assai variegato che affronta sinteticamente diversi e importanti momenti di ricerca, anche distanti nel tempo, ed esprime quella peculiare versatilità dell’artista individuabile nell’utilizzo di medium differenti, come la serie dei raffinatissimi lavori su carta degli anni Ottanta; alcune storiche sculture totemiche degli anni Sessanta, le cosiddette ”Colonne” ispirate a quelle romane antiche ma che, anziché essere celebrative, vi si snodano le sequenze graffite e immaginative dei “fumetti”; le ceramiche e le terrecotte degli anni Novanta con i “Bistorti”, elementi di un vaso accumulati uno sull’altro in maniera sbilanciata e senza un centro, e le “Argille”, tegole con geometrie a rilievo frutto di un’affascinante immersione nella materia primigenia. Le numerose tele più recenti, ora dai cromatismi accesissimi e brillanti, ora giocate sulle tonalità terrose degli ocra e dei marroni, evidenziano l’utilizzo incondizionato del colore che prende il sopravvento sulla forma. La superficie del quadro è determinata da una stesura cromatica compatta e pura dove alle “geometrie irrazionali” si sostituisce la bidimensionalità di un “tracciato topografico” analogo allo svolgimento in piano di una forma tridimensionale che risponde alle esigenze del colore. Tanto nelle ceramiche e nelle terrecotte, quanto nei dipinti color “terra”, si riscontra un legame voluto con questo territorio dove Perilli e la sua famiglia vive da molti anni.
Ad esse sono accostati alcuni dipinti associabili alle esperienze del gruppo “Forma”, come “Paesaggio astratto” del 1947, recentemente esposto nella grande retrospettiva che il museo dell’Hermitage ha dedicato a Achille Perilli nel 2018, e “A di grande spazio” del 1951, insieme ad altre “geometrie” dei primi Novanta.
A Orvieto, negli spazi del Vetrya Corporate Campus, un insieme di 26 piccole e preziose composizioni, coloratissime e ironiche, fa da contrappunto all’atmosfera severa e rigorosa data dalla sequenza incombente dei 13 dipinti a fondo nero realizzati tra il 2008 e il 2015, in cui le articolazioni cromatiche strutturali delle forme sono accentuate dai contorni netti ritagliati da un nero compatto e si accendono vivacissime in contrasto con l’oscurità che le avvolge ponendole sfrontatamente alla ribalta senza nessuna modulazione o ripensamento, come una dichiarazione decisa ed estrema.
Eseguite sulle tonalità degli azzurri e dei verdi, con improvvise accensioni del giallo o del rosso, forme solide e compatte o aperte come piani sovrapposti sono articolate nella superficie del quadro innescando un sistema di rimandi tra una composizione e l’altra che tendono a dilatarsi fino a emergere nello spazio fisico. Si tratta di immaginifiche e proliferanti strutture avvolgenti che descrivono spazi virtuali analoghi a certe configurazioni digitali tridimensionali. Qui, più che altrove, l’artista sembra guardare al futuro (“In viaggio verso il futuro”, 2009), in sintonia con la nuova dimensione ubiquitaria offerta da internet e dai social network, attraverso formulazioni geometriche che conquistano spazi inesplorati, frutto del nostro inconscio e della nostra percezione. Con questi lavori, che propongono in maniera del tutto inedita la funzione del fondo nero rispetto alle note esperienze passate, Perilli si spinge di nuovo oltre, come se stesse già traguardando nuove soluzioni che saranno verificate nell’opera successiva, ma rimanendo in attesa del dopo. “Il desiderio del domani risiede anche nel riconoscere il frutto scaturito dal seme del quadro precedente” (L. Caprile).
La mostra “Achille Perilli. Beyond”, che raggruppa complessivamente una selezione di 68 lavori è organizzata da Fondazione Luca e Katia Tomassini e il Comune di Bagnoregio, in collaborazione con Vetrya, Casa Civita, Archivio Achille Perilli e Terramedia-LaDI Art di Isaco Praxolu.
La Fondazione Luca e Katia Tomassini vuole essere un luogo di congiunzione tra arte, innovazione, persone, talenti e idee.
“Nel XXI secolo, la cultura sarà ciò che l’attività fisica è stata per la salute nel ventesimo secolo”
(Nathalie Bondil)