Il titolo fa riferimento alla celebre “Incompiuta” (Sinfonia n° 8) di Franz Schubert, con cui condivide il senso di mistero che aleggia sull’interpretazione e la forma aperta della composizione, secondo cui l’opera potrebbe continuare o interrompersi in qualsiasi momento, rimanendo su una prospettiva di sospensione.
“Unfinished Symphony” suggerisce l’idea di un’opera d’arte totale, un unico e articolato grande lavoro, realizzato in site-specific e incentrato sull’interazione tra forme plastiche, luce e suono. Ne scaturisce un’inedita dimensione spaziale, percettiva e sensoriale.
Utilizzando semplici palline bianche da ping pong, intagliate e cesellate, e successivamente assemblate in articolate forme armoniche e coerenti, Cristiano Petrucci ha dato vita a lavori plastici tridimensionali, appesi ai muri come quadri a comporre un complesso sistema coreutico. Ciascuna opera è retroilluminata da un led, le cui variazioni cromatiche sono sincronizzate con i temi di una composizione sonora inedita, scritta da Michele Papa, e che si ispira proprio all’Ottava Sinfonia di Schubert.
L’opera, nel suo insieme, produce un movimento continuo, ipnotico e uno scambio reciproco tra soggetti e oggetti di percezione, con rimandi formali tra i singoli elementi, assecondando un tempo di fruizione circolare senza dover avere la necessità di individuare un inizio e una fine.
La mostra è stata curata da Davide Sarchioni e Isaco Praxolu
Unfinished Symphony
L’opera principale di questa mostra, dà il titolo all’intero progetto di Cristiano Petrucci.
Costituisce una prima assoluta, un vero e proprio esperimento nell’ambito della produzione dell’artista che egli dedica a Vetrya e alla Fondazione LKT.
Si tratta di un lavoro site-specific incentrato sull’interazione tra forme plastiche, luce e suono, con l’intento di edificare un’inedita dimensione spaziale, percettiva e sensoriale. L’artista ha escogitato un complesso sistema di undici elementi verticali rigorosamente disposti in fila su una sola parete ed equidistanti l’uno dall’altro. Ogni pezzo è costituito da una teca in plexiglass che racchiude diverse composizioni tridimensionali realizzate impiegando numerose palline bianche da ping-pong che sono state finemente intagliate e cesellate dall’artista con precisione maniacale e attenzione al dettaglio. Successivamente sono state assemblate tenendo conto di sole due diverse tipologie compositive: alla prima appartengono sei lavori che presentano un organismo cellulare dalla struttura ampia e compatta, mentre della seconda tipologia sono cinque lavori ispirati alla struttura ossea di una colonna vertebrale. La successione in fila delle undici teche vede dunque un’alternanza precisa e serrata tra serie di organismi e di colonne vertebrali.
Ciascun elemento è retroillumnato da un led, le cui variazioni cromatiche, formulate tra diverse tonalità di verde, blu e rosso, sono sincronizzate sui temi di una composizione sonora inedita creata per l’occasione da Michele Papa e che si ispira alla celebre “Incompiuta” (Sinfonia n° 8) di Franz Schubert.
L’opera, nel suo insieme, suggerisce l’idea di “opera d’arte totale” in grado di coinvolgere attivamente lo spettatore sotto ogni aspetto, fisico, percettivo e psicologico. Essa produce un movimento continuo, e un effetto visivo altamente suggestivo e ipnotico dovuto alla musica associata alle variazioni cromatiche e allo scambio reciproco tra soggetti e oggetti di percezione, con rimandi formali tra i singoli elementi, assecondando un tempo di fruizione circolare senza dover avere la necessità di individuare un inizio e una fine.
Concettualmente si riscontrano alcune affinità tra l’Ottava Sinfonia incompiuta di Schubert, scritta tra il 1822 e il 1823, e il lavoro e la poetica di Petrucci, come il senso di mistero che aleggia sull’interpretazione e la forma aperta della composizione, secondo cui la sinfonia potrebbe continuare o interrompersi in qualsiasi momento, rimanendo su una prospettiva di sospensione.
L’opera si carica di immagini indecifrabili e misteriose, ma cariche di suggestioni riconducibili all’andamento ciclico della vita, considerando vita morte e rinascita, e al trascorrere del tempo con i mutamenti e le trasformazioni ad esso legati.
Mysterium Magnum
Una composizione armoniosa, ipnotica come un mandala, che si ispira a una struttura atomica o a un agglomerato cellulare, realizzata con un gran numero di palline da ping pong cesellate, intagliate e assemblate fra loro, da cui emerge il tracciato simbolico di un triangolo centrale ad indicare i tre tipi di particelle più piccole di cui sono costituiti gli atomi: protoni, neutroni ed elettroni.
L’opera allude al grande mistero dell’origine della materia che il modello standard non riesce ancora a spiegare e sembra essere legato a inconoscibili fenomeni e meccanismi attribuibili a entità divine. La luce a led, con i suoi lenti passaggi cromatici, interviene a sottolineare i profili e ad approfondire i chiaroscuri della conformazione plastica, sostanziando l’idea di dinamismo e di continua trasformazione a cui la materia è soggetta.
B1 – B2
Si tratta di interpretazioni fantasiose di batteri, da ascrivere all’esplorazione biologica intrapresa da Cristiano Petrucci nel suo percorso artistico.
Anche in questo caso, l’opera assume forme misteriose: le palline da ping pong sono state modificate nella loro struttura chimica attraverso il calore, dando vita ad escrescenze in cui si intravvedono figure riconducibili ai frattali. B1 e B2 sono due opere gemelle e sono la rappresentazione di un mutamento in corso.
L’effetto di questo mutamento è accentuato dalla luce led che illumina le opere con una tenue pulsazione, suggerendo la presenza di un battito di vita. La scelta del batterio non è casuale, in quanto Cristiano Petrucci attribuisce a questi microrganismi viventi un significato di resistenza.
È noto infatti che i batteri, pur non visibili ad occhio nudo, sono presenti ovunque, anche negli ambienti più inospitali, e sono le forme viventi più diffuse sulla terra. Dotati di un’elevata capacità di sopravvivenza, sono per l’artista un simbolo della resistenza al trascorrere del tempo, resistenza che si manifesta anche nella loro attitudine a mutare per adattarsi.
Cristiano Petrucci
Nato a Roma nel 1974, l’inizio del suo percorso artistico vede sviluppare una fase legata al pop concettuale, basata sulla semiotica dei volti, sulla comunicazione non verbale che caratterizza il mondo dei social network. Tutto questo è reso possibile dalla forma sferica di palline da ping pong, elemento geometrico di purezza che permette di raccontare il mondo contemporaneo.
Questo elemento modulare sarà presente in tutto il suo percorso artistico come unità di misura su cui opera la selezione naturale della forma. Se in una fase preliminare del lavoro di Petrucci si riscontra uno studio sulla comunicazione e sui linguaggi dei volti umani, l’inizio di una fase più matura è dominata da processi che scavano in profondità, che regolano lo svolgersi della vita nelle sue forme primordiali. Abbandona il figurativo, intraprendendo uno studio che ribalta la prospettiva dello sguardo, rivolto ora alla struttura interna delle cose. Approfondisce così l’architettura della materia organica, dove il linguaggio della vita si articola nel divenire circolare uomo-natura. Opera un processo di democratizzazione rispetto alla visione antropocentrica, abbandonandola a favore della vita organica nella sua visione più globale.