Con la V Biennale d’arte contemporanea di Viterbo è volevamo offrire aprire gli spazi alla contaminazione.
La sala espositiva si è trasformata in una vera e propria galleria d’arte coniugando la creatività contemporanea di artisti affermati nel panorama internazionale affiancando i più giovani con i meno conosciuti: 15 artisti in esposizione, 26 opere esposte.
L’esposizione ha offerto anche l’occasione per approfondire la conoscenza degli Etruschi.
Il 24 settembre 2018, infatti, è stata organizzata la giornata di studi su “Gli Etruschi nell’arte e nell’immaginario del mondo contemporaneo”. Intrecciare la tecnologia e la filosofia del digitale con la storia del popolo etrusco, importante per il territorio di Orvieto. Un percorso tra le arti, un cammino tra passato e presente per scoprire la presenza degli Etruschi nelle produzioni artistiche del mondo contemporaneo: in televisione, con Ludovica Lops, dell’Università degli Studi di Foggia, nel cinema con Guido Barlozzetti giornalista Rai, nella letteratura italiana del Novecento con Paolo Mauri de la Repubblica. Nell’arte contemporanea, con l’intervento di Gianluca Tagliamonte, nella pittura con Giuseppe Della Fina e nei racconti di viaggio italiani di David Herbert Lawrence con Roberta Cevoli. Tra i partecipanti anche le classi terza e quarta del Liceo Scientifico Ettore Majorana Orvieto.
Il nostro sogno è sempre stato quello di realizzare un ambiente di lavoro in grado di mettere al centro le persone aiutandole a realizzare le proprie aspirazioni e ponendo in essere ogni attività in grado di coltivare riflessione, espressione individuale e libertà.
Con questa iniziativa, la Fondazione Luca e Katia Tomassini offre al vetrya Corporate Campus una nuova dimensione mettendo a disposizione dell’arte (ambito per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, con i sogni e le utopie, relazioni con l’altro e gli altri) uno spazio di predilezione. Il campus diventa così un luogo dove l’arte può rappresentare un’alternativa reale all’individualismo e all’indifferenza, un luogo in cui la voce degli artisti può diventare valore cruciale nell’insieme dei dibattiti contemporanei.
Nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, la V Biennale d’Arte Contemporanea si estende per la prima volta lungo un itinerario di importanti siti etruschi tra cui Orvieto costituendo così un’occasione ulteriore di confronto della creatività contemporanea con le molteplici realtà che costituirono un tempo parte dell’antica Etruria.
La Fondazione Luca e Katia Tomassini e Vetrya ospitano nel Vetrya Corporate Campus artisti che vivono e lavorano ad Orvieto a cui si aggiungono artisti provenienti da altri background culturali, sia italiani, sia internazionali, differenti per generazione, linguaggi e percorsi professionali, riuniti con l’intento di innescare una varietà di relazioni, di scambi e di esperienze raccontate soprattutto attraverso le opere, fra dipinti, sculture, installazioni e manufatti, appositamente selezionati o realizzati per aprire possibilità di dialogo con le diverse tipologie di location che le accoglieranno da venerdì 8 giugno fino al 30 settembre 2018.
Nessuno può imporre confini all’arte: per sua natura dilaga, tracima, invade confini, abbatte barriere e penetra anche attraverso i muri più spessi.
La scelta dell’esposizione è motivo di orgoglio per la Fondazione Luca e Katia Tomassini e per Vetrya che, sin dalla sua nascita, ha scelto di essere un’azienda aperta, di dialogare con il territorio e con il tessuto comunitario e sociale, promuovendo e diffondendo attivamente cultura. Un respiro diffuso che ha coltivato e dato frutti visto che tra gli artisti che espongono ci sono anche due dipendenti Lara Udini e Tiziana Nucci, le cui opere si affiancano a quelle Thomas Lange, Sara Spaccino, Michele Golia, Simone Di Stefano, Donato Catamo, Eva Ranaldi Tarantello, Lelia Cardosi, Flavio Petricca, Susippo, Antonio Barbieri, Daniela Conte, Isaco Praxolu e Massimo Chioccia e Olga Tsarkova.
Trasformare uno spazio in una vera e propria galleria d’arte; unire la creatività contemporanea di artisti affermati nel panorama internazionale con artisti più giovani e meno conosciuti. Ogni opera ci lancia un messaggio diverso, utilizza linguaggi che spaziano dalla scultura, alla pittura, alla ceramica. L’esposizione ha l’intento di approfondire la consapevolezza dell’essere qui e ora, di sapere da dove veniamo in un luogo, Orvieto, che anticamente era un posto strategico dell’antica Etruria.
L’iniziativa si inquadra in un più ampio fiorire di manifestazioni legate alla creatività, in occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, che solo in Italia vede 620 eventi dei quasi 8000 organizzati in tutta Europa.
La sezione della biennale nella città di Orvieto è stata progettata dalla presidentessa e direttore artistico Laura Lucibello ed è curata da Isaco Praxolu e Davide Sarchioni.
Hanno partecipato alla V Biennale d’arte contemporanea di Viterbo, nella sede di Orvieto del Vetrya Corporate Campus:
Le forme della natura sono soltanto un richiamo, un’eco, prerogativa di un linguaggio eminentemente artistico che non si riconosce nelle poetiche di matrice astratta; le trame della pelle diventano segno indefinito per un linguaggio sospeso, caratterizzato dalla provvisorietà degli elementi. I frammenti di cose esistenti sembrano muoversi negli spazi infinitesimali, come in vastità incommensurabili, mentre accennano una mutazione, una deformazione nel campo aperto di tutte le possibilità del mutamento che le trame della materia lasciano intravedere.
L’arte non ha opinione perché è il linguaggio delle sensazioni, di qualsiasi materiale si serva: parole, colori, suoni o pietre. Un cumulo di forme e oggetti in ceramica coloratissima, disposti liberamente a terra e dalle decorazioni stravaganti è in grado di produrre una visione che si libera dai luoghi comuni diventando qualcos’altro di indefinibile. Tutta la materia diventa così espressiva.
La materia è di per sé pregna di luoghi comuni e opinioni consolidate che l’artista deve distruggere, squarciare e dilaniare per poter produrre una visione; tutta la materia diventa così espressiva.
L’opera in mostra presso la sala esposizioni di Vetrya, rivolge l’attenzione al mondo etrusco, dove la filosofia del saper vivere, il pensiero di libertà, l’idea del processo evolutivo e del progresso nella civiltà, per quell’epoca ne fanno un popolo sempre più avanzato sia sotto l’aspetto culturale e cultuale che tecnologico.
La tecnologia salverà l’arte? E l’arte salverà la civiltà?
Icaro fa parte di un progetto – studio di quadri sull’arte mitologica, iniziato nel 2017. Figlio di Dedalo e di Naucrate, schiava di Minosse, Icaro fu rinchiuso con il padre nel labirinto di Creta; fuggì volando con le ali che Dedalo aveva adattato con la cera al proprio corpo ma, avvicinatosi troppo al Sole, la cera si sciolse e cadde nel mare.
Fa parte di un nuovo ciclo di lavori in cui sedimentazioni di materiali recuperati in ambienti familiari abbandonati, ricoveri infantili, luoghi del quotidiano, danno sostegno all’umanità di figure che si originano dove si annientano, in una moltitudine di ferite, elementi inquieti, sovrapposizioni di autoritratti e icone sacre del passato. Passaggi di memoria personale e usura del tempo, una stratificazione ciclica tra Vanitas, smarrimento e rinascita che svela un’identità tormentata ma dignitosa nella propria regalità.
La stele “prima che il tempo avesse inizio e fine” appartiene al gruppo originario composto de sette stele, tavolette in terracotta, montate su cavalletti. Collocate dentro Spacelandia, un non luogo, un posto nato dalla creatività di Simone di Stefano, contengono delle iscrizioni sopra. Il font, il carattere, che ritroviamo scritto è in realtà una risultante geometrica, una traslitterazione dall’italiano e ad ogni simbolo corrisponde una lettera del nostro alfabeto.
Ogni stele ha in basso a destra, la firma dell’architetto che ha scritto queste frasi, rimandi ai quadri che raccontano le vedute su Spacelandia: “prima che il tempo avesse inizio e fine”; “Exagon altera umanità solida”, “linea retta”, “superficie solida”, “orizzonti verticali”, “città ideali”, “sostanza primordiale”.
La stele ha un carattere sia decorativo sia come una vera e propria istallazione a seconda che venga esposta da sola o insieme alle altre.
Famiglia in cucina è un’opera realizzata in argilla tedesca ricca di manganese; la cottura in forno ad alta temperatura dà il colore marrone all’argilla. Il tema della famiglia ricorre anche in questa opera, dove c’è una forma cucchiaio, una forma forchetta e una forma coltello. Rappresenta l’unione di maschile e femminile presenti in ogni famiglia.
Scultura in ferro, rappresenta un paravento; l’idea è quella di rappresentare una famiglia cerniera, che si apre e si chiude poggiando sui suoi quattro punti di mobilità. La figura maschile ha una grande e ampia apertura, ospiterebbe uno specchio, mentre la figura femminile ospiterebbe una sveglia o un orologio. I due ragazzi, che rappresentano anch’essi il maschile e il femminile, sono contenuti al centro.
Il dittico “Mutsuo-Negativo” del 1999-2000 esposto da Vetrya, appartiene ad un ampio ciclo di lavori intitolato “Chi non dimentica il passato, guarda al futuro” in cui l’artista si interroga sul significato del futuro. Ispirandosi alle fotografie scattate al collega e compagno di vita Mutsuo Hirano, Lange ha dipinto con lo stile e la tecnica propri del suo linguaggio due ritratti in negativo. Mutuando questa idea dal mondo della foto analogica, l’artista rappresenta il suo concetto di futuro sostenendo che il negativo (presente) è una foto già scattata (passato) che preannuncia lo sviluppo successivo della pellicola e la stampa fotografica (futuro).
Point of view ci esorta a non limitarci a guardare una cosa e da un solo punto di vista ma a volgere lo sguardo e l’attenzione a ciò che ci circonda. Guardando le cose da diverse angolazioni, il mondo potrà apparire diverso. Così come un quadro potrà rilevarsi in realtà lo specchio di una persona molto vicina a noi.
Be Yourself e Skin Sono due opere nate in momenti diversi ma complementari. Entrambe rappresentano la libertà di essere sé stessi e di esprimere le proprie emozioni senza temere giudizi e pregiudizi. L’arte si appropria non più solo di una tela ma del corpo e della pelle per diventare qualcosa di “tattile” ed immediato.
Non suonare quello che c’è. Suona quello che non c’è”. Miles Davis di Tiziana Nucci è: un omaggio a uno dei più influenti compositori e trombettisti jazz del secolo scorso.
Jam session è un richiamo a una riunione occasionale di fantasia dei chitarristi Keith Richards, Jimi Hendrix e B. B. King; in quest’opera sono ritratte solo le mani con lo scopo di improvvisare su temi scelti al momento.
La serie di foto “Mo(vi)menti”, scattata alla stazione Termini di Roma, riflette sul tema del movimento e sull’impossibilità dello scatto fotografico di cogliere e di fermare con precisione l’attimo che sfugge. Le immagini prodotte presentano così soggetti più a fuoco e definiti all’interno di scenari più astratti rivelando un interessante legame tra la stampa fotografica e la pittura.
Il parallelepipedo, il cubo, forme dagli angoli squadrati, tagliati di netto, forme che già in sé simbolicamente racchiudono, contengono, unificano, massificano, forme statiche che nella narrazione della sua visione del mondo arrivano a rendere i protagonisti della storia “tutti uguali”.
Il volto che anima ogni blocco di tufo e la sua espressività torna a farci sentire particolari e unici. Elemento importante delle sue opere è la “bocca aperta” attraverso la bocca interiorizziamo ogni emozione. Quando le sue opere si incontrano su un palco, ecco “il coro dei tufi portatili”: dalla loro bocca nasce la melodia della terra, della vita. Se ci si pone in ascolto, la si può sentire.
L’opera rappresenta l’uguaglianza dell’essere umano; tutti i bambini del mondo sono figli di una stessa terra senza discriminazione alcuna. Il tufo rappresenta la terra, mentre le tre facce rappresentano l’essere umano. Non ci sono distinzioni di religione, credo, politica, razza. La terra ha partorito l’essere umano così com’è.
In quest’opera Susippo sviluppa una pittura materica, preziosa e attenta alla rappresentazione di forme fortemente simboliche e in grado di dischiudere significati arcaici e ancestrali. Predominante è l’utilizzo di una materia bituminosa e in continuo mutamento.
Etruscus Souls è stata realizzata appositamente per la Biennale d’Arte, composta da nove diversi tondi distribuiti sulla parete che, come un mosaico, costruiscono l’immagine dell’Apollo di Vejo. I nove elementi, sollecitano anche una riflessione dal multiplo all’unità, dall’universale al particolare, dal micro al macrocosmo…
L’opera è realizzata con una base scura, il nome deriva dalla presenza di tre quadrati diversi che rappresentano i tre colori primari. La prima base è stata fatta con colori pieni, i dettagli schizzando su tela. Le tre tele sono state attaccate al supporto, ogni singola tela a seconda del colore rappresenta tre emozioni diverse: il giallo una sensazione di benessere, l’arancio una sensazione di ansia per qualcosa che non si riesce a controllare. La combinazione dei colori è stata casuale, è nata da sola, d’istinto. Il color oro richiama invece la luce, il cercare e il trovare un orizzonte definito.
Armonia e caos sono due stati d’animo contrapposti: armonia è qualcosa che tranquillizza e dà serenità, caos invece crea disagio e confusione. L’opera è divisa in due parti, la parte inferiore di colore scuro, rappresenta il caos, la parte superiore con colori più chiari tendenti al giallo e all’azzurro, rappresenta l’armonia. Al centro del dipinto ci sono le lettere A e C e un cuore spezzato, non delineato che rimane aperto e simboleggia il concetto di dualità di “armonia e caos”. Nulla è lasciato al caso, ogni singola pennellata fa parte di un designo ben preciso.
Realizzato con la spatola, in yellow mood prevalgono colori caldi quali il giallo, l’arancio e il rosso, nonostante sia presente una parte scura. Il colore a schizzo e le pennellate completano l’opera realizzata d’istintivo, di getto. Il titolo rimanda a una sensazione intensa in cui prevalgono le tonalità del giallo.
Per creare dei rilievi all’interno della tela Lara ha introdotto gli stucchi. Si intravedono delle vie, strade che si incrociano a scacchiera creando movimento e ordine, uniformità. Il senso che prevale è quello di ordine in una concezione dello spazio ben definito.